Le cercano anche in Germania
Lo splendido servizio di Cecilia Fabiani su Architektur&Wohnen
Sono interessata ad un servizio sulla Sergio Leoni.
Cecilia Fabiani, giornalista e critico di design, chiama il nostro ufficio stampa un mattino di settembre.
L’idea è interessante. Cecilia cura per Architektur & Wohnen, una delle riviste di arredamento più lette in Germania, una rubrica in cui scova in tutta Europa nicchie artigianali intatte, in cui emerge l’importanza di quel “saper fare” che tendiamo a dimenticare nella bulimia dell’economia della conoscenza in cui siamo immersi.
La Sergio Leoni è un esempio emblematico di questo tipo di nicchie. Fanno parte di quel patrimonio italiano che in molti stanno cercando di riscoprire e valorizzare come risposta alla crisi (non è un caso se Stefano Micelli, docente e ricercatore alla Ca’ Foscari di Venezia, abbia aperto proprio in Italia il dibattito sul “Futuro artigiano” del nostro paese).
Organizziamo un pomeriggio di visita alla fabbrica di San Polo d’Enza, un paese di poche anime, a poco più di 70 chilometri da Bologna, una trentina da Parma.
Durante queste poche ore di chiacchierata, sono diversi gli aspetti che colpiscono Cecilia e che poi saranno riportati nel suo splendido articolo (lo trovate qui per intero, oppure qui nella versione web).
Prima di tutto, il disegno originale, che di fatto rende le stufe Leoni diverse da qualsiasi altro prodotto sul mercato.
Sono stufe che non vengono murate, come le Stube nordiche, ma semplicemente posate a terra. Sono oggetti “freestanding”, quindi, che arredano, ma contemporaneamente riscaldano con efficacia. Grazie ad una progettazione attenta del focolare e ad uno studio della circolazione dell’aria, tutte le stufe di Sergio Leoni dispensano la massima quantità di calore, con il minimo consumo di legna e con rendimenti che in molti casi superano il 90%. Un risultato quasi impensabile per le stufe a legna e tranquillamente paragonabile ai migliori prodotti a pellet.
L'altro aspetto che affascina Cecilia è la lavorazione, un processo lento, manuale, maniacale nella ricerca della perfezione. Dal “pozzo” di terra morbida, la cui composizione si tramanda segretamente da generazioni, si passa alla colata negli stampi di gesso, che assorbono l’acqua e fanno solidificare il pezzo. Dopo circa una giornata di riposo, a seconda della stagione e dalla grandezza, il pezzo si sforma come una torta dal suo stampo, viene rifinito a mano e messo ad essiccare per un tempo variabile che va dai 3 giorni in estate ai 15 giorni in inverno. Infine, dopo una prima cottura, viene colorato, smaltato e cotto nuovamente ad una temperatura inferiore. A questo punto, dopo le rifiniture e le eventuali decorazioni a mano, viene effettuata una terza fase di cottura, per fissare definitivamente colori e forme.
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